Leggi questo o fallirai anche con la prossima dieta

Leggi questo o fallirai anche con la prossima dieta

Bentornato su questi schermi!

Da un calcolo effettuato sullo storico del mio database di pazienti, l’ 88,8% (buffo eh :D) delle persone che iniziano una dieta con il sottoscritto hanno già provato ad ottenere un risultato in passato attraverso un programma alimentare ( con un numero di tentativi maggiore di 2) ottenendo scarsi risultati e/o non riuscendo a consolidarli nel tempo.

E’ una statistica terribile, considerando che molti di questi non hanno agito da autodidatti ma si sono rivolti ad altri consulenti in ambito nutrizionale (dietologi, nutrizionisti o altre figure).

Del resto le statistiche parlano chiaro:

Si stima che il 95% delle persone che intraprendono una dieta per perdere peso riprenderanno con gli interessi i kg faticosamente persi nei mesi successivi all’interruzione della stessa.

Una premessa

Apro questo articolo con una citazione di Yoni Friedhoff, docente, fondatore e direttore del Dipartimento di Chirurgia Bariatrica dell’Università di Ottawa in Canada, autore del libro “The Diet Fix” (di cui consiglio la lettura a professionisti del settore e semplici curiosi o appassionati della materia):

“I don’t think 95% of people fail diets. I believe that 95% of diets fail people ”

Traduzione per chi mastica poco l’inglese:

“Non penso che il 95% delle persone fallisca nel fare una dieta, credo che il 95% delle diete deluda le persone”

Questo ribalta completamente il punto di vista del problema e scarica le responsabilità del fallimento non sulla persona che ha fallito, ma sul tipo di dieta che ha dovuto intraprendere.

Sono d’accordo su questa rilettura dal parte del dott. Friedhoff in quanto ritengo che troppo spesso venga colpevolizzato l’utente quando in realtà la colpa è della scelta strategica errata effettuata.

Innanzitutto introduciamo la definizione esatta di “stare a dieta”:

“una comportamento alimentare in cui una persona volontariamente effettua delle restrizioni, per perdere peso oppure per scopi medici” (fonte Oxford Dictionary).

 

dieta

La persona decide volontariamente di intraprendere una dieta, e si impone delle restrizioni di vario tipo: caloriche, di qualche specifico macronutriente (ad esempio diete a basso tenore di carboidrati o grassi) oppure effettuando una restrizione nel “timing” di assunzione del cibo (vedi digiuno intermittente, del quale ho parlato in maniera estensiva in altri articoli del blog).

Normalmente la dieta è molto dettagliata e non lascia margini di errore (sulla carta), sono presenti tutte le indicazioni necessarie (cosa mangiare, in che quantità, quando mangiarlo, magari con un bel menù settimanale che non lascia nessuno spazio all’interpretazione e alla fantasia.

Ci sono anche delle ricette associate e un aiuto per quanto riguarda la lista della spesa che dovrai fare.

Hai tutto quello che ti serve per iniziare e per proseguire nel tempo finché non avrai raggiunto il risultato.

Che cosa impedisce allora alla persona in questione di ottenere i risultati sperati attraverso una dieta?

 

Qualcosa non torna

Siamo esseri viventi in grado di seguire le istruzioni, l’assemblaggio dei mobili IKEA ce lo insegna!

Se abbiamo tutte le istruzioni necessarie per fare qualcosa, normalmente le possibilità di insuccesso sono piuttosto basse.

Impariamo a suonare strumenti come la chitarra o il violino.

Impariamo a fare la lavatrice (ho imparato pure io che sono negato con le faccende domestiche).

Impariamo a cucinare ricette prelibate.

Insomma possiamo fare (virtualmente) qualsiasi cosa si possa imparare se abbiamo delle istruzioni da seguire.

 

Cosa non va nelle diete? Cosa le differenzia dalla mera esecuzione di istruzioni specifiche?

Nell’approccio alla dieta tradizionale, ci sono 2 principali problemi che vengono a crearsi in contemporanea:

PROBLEMA BIOLOGICO

Legato soprattutto ai meccanismi di fame-sazietà e all’autoregolazione al ribasso del metabolismo messo sotto pressione dalle diete (specialmente quelle più drastiche ed estreme).

L’organismo non vuole dimagrire (per lo meno sotto certe soglie) e farà di tutto per impedire che venga raggiunto questo intento.

Esistono dei “sistemi sensore” interni ad esso che percepiscono di fatto l’energia presente nell’ambiente e di conseguenza riadattano il consumo energetico quotidiano del nostro corpo.

In altre parole, se l’organismo percepisce che l’energia nell’ambiente diminuisce in maniera cronica e costante (come quando sei a dieta) farà di tutto per tamponare quella che viene percepita a tutti gli effetti come una “emergenza” e si riadatterà di conseguenza per ottimizzare le risorse a disposizione.

L’effetto finale? Il risultato inizia a stallare, perdi poco grasso o non ne perdi per nulla, e aumenta di molto il senso di fame (altra forma di reazione all’allarme creato dalla restrizione dietetica).

Tanto è vero questo che curiosando nella letteratura scientifica ho trovato uno studio piuttosto recente, pubblicato nel novembre 2016 sulla rivista scientifica“Obesity Week end”, effettuato da David Polidori, medico della Janssen R & d, in San Diego, che ha dimostrato come l’aumento dell’appetito conti fino a tre volte in più rispetto alla diminuzione del metabolismo nel decretare l’insuccesso di una dieta.

Il nostro corpo dunque è estremamente capace di fare economia e di portarci verso i suoi obiettivi (resistere al cambiamento) rispetto ai quelli che la nostra mente vorrebbe ottenere (dimagrire).

dieta

 

Come possiamo provare a bypassare questo problema biologico?

Ci sono 3 modi validi e che utilizzo per bypassare l’ostacolo:

  1. Restrizione ulteriore dell’introito calorico: interessante nelle prime fasi di dieta, quando il risultato inizia ad attenuarsi, ma nel lungo termine può diventare controproducente. Infatti l’organismo continuerà costantemente a riadattarsi sempre più vigorosamente allo stimolo alimentare impartito, e di conseguenza si arriva a paradossi dove si mangia veramente poco (800-100 kcal totali) e il dimagrimento non avviene! Questo rimedio lo uso con grande parsimonia.
  1. Cambio strategia dietetica: non ho mai sposato una sola filosofia nutrizionale. Ci sono diete che mi piacciono più di altre per tutta una serie di motivi (scriverò per ogni dieta che utilizzo articoli estensivi nel blog), tendo però a rimanere piuttosto “freddo” ed oggettivo riguardo alle diete specifiche, cercando di vederne i vantaggi teorici, provarle su di me per valutarne l’efficacia e la praticità (tornerò su questo concetto tra poco) e solo dopo aver fatto tutto questo la inserisco nella mia “cassetta degli attrezzi” utili nel mio lavoro di consulenza quotidiano. Perché non ho sposato nessun approccio alimentare specifico? Perché tenderei ad aiutare solo una piccola parte del totale delle persone che si rivolgono a me, e di conseguenza ne allontanerei molte altre, le quali provando la dieta in questione non ne trarrebbero nessun giovamento e addirittura, fallendo, potrebbero sentirsi di nuovo a terra ed abbandonare il loro progetto di lavoro sul loro corpo.
  1. Aggiunta e/o modifica dell’attività fisica complementare al piano alimentare: altra strategia molto interessante da usare in alternativa o in maniera complementare alle altre due elencate sopra per fare in modo che venga almeno in parte compensato il rallentamento del metabolismo grazie ad un incremento “ragionato”dell’esercizio fisico.

Tenuto a bada il problema biologico, è il momento di affrontare gli altri 2 problemi, ben più complessi da gestire specialmente nel medio-lungo termine.

 

PROBLEMA DELLA MESSA IN PRATICA

Forse tra i due problemi è quello più importante.

Stare a dieta implica un qualche tipo di cambiamento comportamentale.

Parliamo di abitudini, parliamo di zona di confort da cui si è obbligati ad uscire (più o meno violentemente).

Un piano alimentare non inizia mai “nel vuoto”, mangiavamo in qualche modo anche prima, seppur sbagliando magari.

Questo modo “storico” di alimentarsi nel tempo crea delle abitudini ben specifiche, che portano il nutrirsi in modalità “pilota automatico”.

dietaPilota automatico: non penso ma agisco secondo le abitudini create.

Questo richiede un tasso di sforzo nell’azione molto molto basso, tanto è vero che spesso non ricordiamo nemmeno cosa abbiamo mangiato il giorno prima. Le nostre abitudini alimentari, giuste o sbagliate che siano, vengono riconosciute dal cervello e automatizzate, indirizzando il pensiero conscio e volitivo verso altre azioni della vita quotidiana (lavoro, famiglia, viaggi).

Quando invece inizi una nuova dieta, due cose accadono in contemporanea:

  1. vengono accantonate le vecchie abitudini
  2. Si cerca di crearne di nuove attraverso la “forza di volontà” ovvero mettendo l’attenzione conscia in questo nuovo processo.

La tua nutrizione ora necessita di attenzione! Necessita di riflessione e di organizzazione. Devi mettere il FOCUS, devi concentrarti su quello che stai facendo. Sembra banale, ma fa tutta la differenza del mondo!

Pensa a questo (magari ti è già successo in passato): se la forza di volontà è disponibile in quantità “finita” e se ne stai dedicando molta per rimanere nei piani alimentari previsti, prova ad indovinare cosa succede se una nuova fonte di stress risucchia parte della tua forza di volontà?

Bravo, risposta esatta! Rientri in modalità “pilota automatico”.

E prova ad immaginare cosa succede?

Se non hai praticato le nuove abitudini sufficientemente a lungo da sovrascrivere il vecchio software, ritornerai alle tue vecchie abitudini.

Ecco uno dei meccanismi più intricati da gestire quando aiuto un paziente nel suo percorso nutrizionale.

 

Ulteriori considerazioni sulla praticità della dieta

Partiamo da un assioma legato all’ambito alimentare: “qualsiasi dieta, e dico qualsiasi, che costringa la persona a rivedere i comportamenti alimentari casuali che ha e che l’hanno portato ad avere chili in eccesso, darà un qualche tipo di risultato positivo sull’organismo, indipendentemente da cosa verrà ristretto e a come verrà effettuata la restrizione.

Ed è tanto vero questo che l’evidenza pratica (già provata su di te o vista su conoscenti) dice che si può ad esempio dimagrire più o meno in tutti i modi, anche se diametralmente opposti tra loro (diete vegane o carnivore, diete ad alto o basso tenore di carboidrati ecc…)

Esiste però una caratteristica implicita nella scelta di qualsiasi dieta: la sua semplicità più o meno alta nella messa in pratica.

Ho riflettuto molto negli anni riguardo a questa tematica.

Nei primi anni della mia formazione sono stato immerso nell’ambiente del bodybuilding, che ancora apprezzo molto ed è fonte per me di ispirazione e nuova conoscenza (se cerchi nuove idee e strategie su dieta e allenamento vai nella palestra più vicina a parlare con dei culturisti! :D)

C’è però una grandissima differenza tra un bodybuilder (o un atleta in generale) e una persona comune che si approccia ad un protocollo alimentare: il culturista vive per mangiare ed allenarsi, l’altra persona “incastra” la dieta nella sua vita attuale, cercando di attuare al meglio (e spesso con notevoli compromessi) una alimentazione che da casuale all’improvviso diventa volontaria e necessita di organizzazione ogni giorno (week end compresi).

E nella stragrande maggioranza dei casi, le probabilità di ottenimento del risultato da un piano alimentare che elaboro sono direttamente proporzionali al grado di difficoltà che l’utente riscontra quando nel quotidiano deve metterlo in pratica.

E’ stata dura all’inizio accettare questa realtà dei fatti. Sui libri universitari infatti avevo imparato a creare dei programmi alimentari vincenti (sulla carta), ma non avevo tenuto in considerazione la messa in pratica giornaliera dei miei pazienti.

Dopo l’ennesimo paziente che tornava da me in ufficio per il controllo dicendomi che non era riuscito a stare a dieta per i più disparati motivi, ho iniziato a pensare come semplificare al massimo questa parte più pratica, garantendo un risultato e facendo percepire meno il peso dello stare a dieta.

NB: parlo di persone che vogliono ottenere un risultato e che provano ad applicarsi, non di chi non ci prova neanche XD

Durante il primo appuntamento con un nuovo paziente, in fase di anamnesi passo diversi minuti a discutere della sua giornata tipo, ovvero della sua ipotetica possibilità di organizzarsi al meglio. E bada bene, faccio tutte queste domande prima di scegliere il piano alimentare per lui.

dieta

Perché?

Più informazioni raccolgo e più facile sarà la gestione quotidiana della dieta da parte del paziente, maggiori le chances di portare il paziente al traguardo da raggiungere e poi da mantenere.

Più sarà facile gestire questa transizione, meno la persona avrà bisogno di “forza di volontà” per rimanere nei binari della dieta.

Del resto cosa è il mantenimento e consolidamento del risultato? E’ l’essere riusciti ad installare un nuovo software dietetico sovrascrivendo il precedente, facendolo diventare di fatto la nuova “normalità”.

Ed ecco perché il mantenimento fallisce nella stragrande maggioranza dei casi: perché la dieta non riesce a diventare normalità!

Il mio motto ora è “se la dieta non si adegua al tuo stile di vita, allora non la prendo nemmeno in considerazione”*

E credimi, anche se ti può sembrare un’affermazione forte, il mio tasso di successo è notevolmente aumentato!

Soprattutto, il numero di persone che è riuscita a consolidare e mantenere il risultato ottenuto è molto più elevata del 5% tradizionale (vedi statistica sopra).

Credo che questo tipo di approccio più connesso alla pratica sia di grande aiuto alla maggior parte delle persone che si avvicina ad una dieta e che poi deve effettuare la fase cosiddetta di “mantenimento”.

Una storia molto particolare

Per concludere voglio raccontarti ora la storia  più pazza ed estrema legata proprio a questo concetto di praticità.

Sergio (nome di fantasia) è un export manager di un’azienda con base in Friuli Venezia Giulia. Vive con la sua compagna in Veneto e si rivolge a me per attuare un protocollo di ricomposizione corporea (detto più semplicemente: vuole perdere grasso ed acquisire nuovo muscolo).


Onestamente non conoscevo nei dettagli la professione di export manager. Quando però siamo entrati nella sua routine mensile, il primo pensiero è stato “ok, qui è un gran casino”.

La sua routine mensile consisteva in:

– 20 giorni al mese tra Australia ed Asia

  • 4 giorni interi in aereo o aeroporti (ehhh…)
  • Vita in albergo (non poteva cucinare)
  • Molte cene di lavoro con clienti (con annesse bevute e brindisi, fondamentali per chiudere i contratti)
  • Allenamenti in camera d’albergo oppure in palestra (qualora l’hotel ne avesse avuta una) con attrezzatura molto limitata; sempre nei ritagli di tempo tra un appuntamento di lavoro e l’altro.
  • 10 giorni con vita regolare in ufficio e famiglia e allenamento in palestre (quando stava in Italia).

 

dietaCapisci bene come qualsiasi, e dico qualsiasi programma alimentare protocollato avessi dato a questa persona, si sarebbe rivelato completamente inapplicabile all’atto pratico.

L’unica possibilità di aiutare questo paziente nel raggiungimento dei suoi obiettivi era di immedesimarmi nella sua vita e nei suoi ritmi, cercando di ipotizzare tutte queste situazioni possibili e semplificare al massimo la routine dietetica e di allenamento.

Non è stato per nulla semplice, sono serviti diversi giorni di prova-errore per ottimizzare la base del piano alimentare che avevo prodotto, alla fine il risultato però è arrivato!

Ha perso circa 10 kg nell’arco di 4 mesi (partiva già da una discreta forma fisica) ed è riuscito a mantenere il risultato ottenuto.

Ora non focalizzarti sui 10 kg, potevano essere 5 o 20, non è questo l’importante.


Focalizzati sul “come”, ovvero sulla massima semplificazione ed adattamento previsti rispetto al suo stile di vita.

Avrebbe ottenuto il risultato facendo qualche altra dieta specifica?

Probabilmente si (anzi no, ne aveva già provate altre)

La carta vincente qui è stato partire dal rendere quanto più pratico possibile il piano alimentare, senza il quale dopo qualche giorno di enorme fatica e frustrazione, la dieta sarebbe stata abbandonata.

 

Come scegliere la dieta più pratica per te

Per trovare la strada migliore per ottenere il tuo risultato segui questi semplici punti:

  1. Quanta fatica sto facendo ogni giorno per portare a termine una giornata correttamente secondo i dettami della dieta che sto seguendo? (per corretta intendo completamente coerente con quanto illustrato nei principi di quel protocollo alimentare, senza deroghe).

Se hai risposto “Non sto faticando”, mantieni questa alimentazione (se genera risultati).

2)  Se stai facendo tanta fatica prova a chiederti:

“Posso sostenere con la mia routine attuale questa dieta a lungo termine fino a farla diventare il mio stile di vita?”.

Se la risposta è NO, allora è il momento di rivedere il piano alimentare, per riadattarlo meglio alla tua routine.

Mettiamo un’ultima cosa in chiaro: mettersi a dieta richiede un certo grado di “fatica” in quanto stai uscendo e di parecchio dalla tua zona di comfort.

Tanto grosso e violento sarà lo scostamento dai tuoi equilibri, tanto maggiore sarà la fatica a riadattarsi e a consolidare nel tempo il piano alimentare intrapreso.

E’ previsto dunque che tu faccia un po’ di fatica, non esiste purtroppo la soluzione facile e indolore. Non esiste la pillola magica. Ci tengo a precisarlo, non deve mai e poi mai passare il concetto che “essere a dieta è facile tanto quanto non esserlo”. Non deve però essere nemmeno impossibile!

Parlerò in maniera più estensiva di “pratica” nei prossimi articoli entrando nel profondo di questo argomento, che ritengo vitale per quanto riguarda la buona riuscita a lungo termine di un percorso alimentare.

NB: riguardo la praticità della dieta ho una piccola postilla da aggiungere.


Se stai seguendo una dieta per curare o tenere sotto controllo una patologia, oppure sei un atleta che sta cercando la massima performance nella sua disciplina, allora il concetto si rovescia.

In questo caso la dieta viene prima di qualsiasi cosa, dunque dovrai adeguare la tua giornata tipo alla dieta e non il contrario. Non accetto obiezioni su questo punto.

Per ora è tutto!